San Teodoro
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San Teodoro – Il Santo che Balla

La festa di San Teodoro dura una settimana ed ha il suo culmine, e la sua fine, la
seconda Domenica di Agosto con il ballo del Santo e la processione per le vie del paese. I giorni precedenti
sono dedicati ai rituali del fuoco e alla preparazione, al consumo rituale di specifiche pietanze. E' attraverso
le festa,momento fondante della propria appartenenza sociale e culturale, che gli individui riproducono e
riaffermano la propria identità, individuale e collettiva. All'interno del tempo festivo è inoltre possibile
percepire ed osservare chiaramente come tempi e spazi profani si ritrovino a convivere, coesistere insieme
a tempi e spazi sacri.
In estate Sorrentini si ripopola grazie al rientro degli emigrati. Consentire loro la partecipazione al tempo
festivo risponde ad un'esigenza, oltre che affettiva, anche economica. In questo modo essi riverificano la
persistenza della propria comunità e, ritornando a riviverne i riti, la riconfermano a se stessi, la
riconsegnano all'eterno presente della memoria.
Il Venerdì pomeriggio ci si imbatte in un primo rito significativo : il dono delle piante di basilico. Questa
usanza ha origini antiche e si ricollega all'etimologia del nome: dal greco “basileus”, ovvero “re” per cui,
presso i popoli orientali, offrire una pianta di basilico era considerato dono regale. Questi rituali, di
carattere agrario, sono connessi con i cicli stagionali e al ricco simbolismo dell'albero della vita.
Anche a Sorrentini, come all'interno della maggior parte delle festività popolari, la musica, ha un posto
privilegiato. Non c'è danza senza musica, nativi e devoti non danzano intorno al fuoco e San Teodoro non si
muove se prima non ha avuto inizio l'accompagnamento musicale. La ritualità corporea, difatti, ha bisogno
della sonorità ritmica per esprimersi e questa vive in forza di quella.
Quella di consumare comunitariamente del cibo ritualmente preparato, durante l'intera settimana festiva,
era ed è ancora oggi motivo di grande orgoglio da parte degli abitanti di Sorrentini. I piatti tipici della
tradizione sono: maccheroni con il sugo di agnello o maiale e agnello al forno con patate. Queste pietanze,
insieme con altri prodotti tipici, possono essere consumate: in case che si trasformano in vere e proprie
trattorie o in garage adibiti a taverne. Inoltre, durante la processione della Domenica , alcune case
allestiscono, vicino l'ingresso, dei banchetti in previsione della sosta che i portatori, insieme con il Santo,
faranno per la questua e per riprendere le forze.
Mangiare insieme è istituire un sacramento di solidarietà che lega i partecipanti, uomini e dei. Un rito di
comunione che diviene auspicio di benessere. La partecipazione alla stessa tavola crea una solidarietà
religiosa: si diventa fratelli, consanguinei. Ricevere, accogliere alla propria tavola, è il segno per eccellenza
dell'ospitalità.
Il fuoco è l'elemento centrale del rituale festivo celebrato a Sorrentini.E' un rito di passaggio che segna
l'inizio del tempo festivo. Possiamo raggruppare il fuoco in due grandi categorie: fuoco mobile,“Pannuse” e

fuoco fisso, falò. Le pannuse sono delle fiaccole derivate dalle inflorescenze dell'Ampelodesmo che
vengono portate in processione il Venerdì ed il Sabato sera.La mitologia vede in tale uso la continuazione di
un antico culto del sole, sorgente della luce e del calore, perciò del fuoco. Il falò viene generato dal
progressivo accumulo delle pannuse gettate ed ammassate alla fine del rito processionale. Tutti danzano
intorno al fuoco di San Teodoro, al ritmo di musica e tenendosi per mano. Queste celebrazioni rinviano a
rituali di rifondazione della natura, del tempo, della società. Esse infatti sono riconducibili ai riti connessi
alle fasi più critiche del lavoro contadino tipico delle società agropastorali.
La Domenica segna il culmine del tempo festivo. Di giorno San Teodoro danza, all'interno della chiesa
madre e per le vie del paese, vorticosamente al ritmo frenetico della musica. Danzare si riferise alla
rigenerazione e alla fertilità della natura, alla ciclica rifondazione del cosmo, dello spazio e del tempo. Il
movimento circolare impresso alla vara rinvia al cerchio del tempo, alla ruota vitale che ogni anno deve
essere rimessa in movimento. Di sera la processione diviene composta, silente. Il Santo procede in modo
ordinato, in spalla.Sguardi e abiti dei portatori mutano e con essi cambia anche il clima,l'umore della gente
che a saluterà la gioia del tempo festivo per accogliere, nuovamente, gli spettri della quotidianità.
Conclusioni: I riti processionali possono essere letti anche come forme di risoluzione mitica dell'angoscia
territoriale, un mezzo attraverso il quale gli uomini rappresentano in termini mitici il proprio mondo,
dunque la concezione del tempo e dello spazio che lo sostiene.
Dunque fin quando fuochi e santi si leveranno alti nelle piazze e nelle strade
dei nostri paesi, fin quando innumeri fiaccole ed animi si agiteranno
nelle notti, la memoria e la persistenza di intere comunità, come quella di Sorrentini, continuerà a
testimoniarsi e a testimoniare.

Studio, Analisi e  Testi , MARCO DI BLASI

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